Aspetti generali della valutazione del rischio da stress lavoro correlato.

In linea generale il processo di valutazione dei rischi si articola concretamente in tre fasi:
identificazione dei pericoli, stima del rischio (valutazione preliminare / valutazione semplificata) e valutazione approfondita. In base all’esito di questo processo vengono adottati interventi di eliminazione o riduzione del rischio e una successiva rivalutazione di verifica dei cambiamenti ottenuti.
L’identificazione dei pericoli consiste nell’individuare tutte le condizioni presenti nell’attività lavorativa che potenzialmente possono causare danni alla salute dei lavoratori per infortuni o malattie da lavoro. I pericoli individuati vengono quindi valutati in via preliminare sotto l’aspetto qualitativo e quantitativo riferendosi, ove possibile, a criteri previsti dalle norme di legge o da raccomandazioni di buona tecnica, al fine di individuare le situazioni di rischio che superano un determinato livello di soglia (livello d’azione) e richiedono interventi di eliminazione o riduzione del rischio e quindi una valutazione approfondita. La valutazione approfondita consiste pertanto nell’analisi dettagliata dei rischi, allo scopo di individuare le misure di prevenzione necessarie per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Secondo il modello introdotto nel 1989 dalla direttiva 391, il processo di valutazione dei rischi svolto autonomamente dalle aziende costituisce uno strumento efficace, in quanto viene utilizzato per definire insieme ai lavoratori quali siano le misure di prevenzione e protezione più appropriate nella situazione specifica di ogni posto di lavoro. Nel nostro paese l’attuazione del D.Lgs. 626/94 ha portato alla diffusione di un modello di valutazione dei rischi finalizzato ad attestare, nei confronti dei lavoratori e degli organi di vigilanza, la condizione di assenza di rischio o per lo meno di rischio accettabile.
Questo modello contiene in sé almeno due limiti. Sottintende la valutazione dei rischi come un fatto statico e considera la presenza/assenza di rischio come una condizione di illegalità/legalità. Il D.Lgs. 81/08 si propone di correggere tale approccio introducendo il concetto dinamico di gestione del rischio, secondo il quale la valutazione dei rischi è strettamente finalizzata alla prevenzione ed è soggetta ad un continuo aggiornamento in un circuito permanente “valutazione-prevenzioneaggiornamento della valutazione” che prevede il coinvolgimento costante dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, nella logica della costruzione di un Sistema di Gestione della Sicurezza.
Nel caso dello stress lavoro-correlato questa problematica risulta particolarmente accentuata, da un lato perché la valutazione va necessariamente a toccare l’organizzazione del lavoro che costituisce il cuore di ogni azienda, dall’altro perché sono scarsi gli strumenti che consentono una valutazione oggettiva. Bisogna inoltre considerare che gli orientamenti culturali necessari per riconoscere tale rischio sono ancora poco diffusi. Ne consegue che esiste un concreto pericolo che la valutazione dello stress lavoro-correlato si traduca, per la maggior parte delle aziende, in una generale e generica attestazione di assenza di rischio. Risulta quindi fondamentale ricostruire l’anello della catena che congiunge la valutazione alla prevenzione, di modo che la valutazione sia finalizzata alla definizione degli interventi più che a una stima parametrica del rischio. D’altra parte gli interventi migliorativi sull’organizzazione del lavoro portano di norma anche ad una riduzione dei costi e ad un miglioramento della produttività dell’azienda, che viene quindi ad avere anche un interesse di natura economica a che la valutazione sia eseguita correttamente e le misure correttive adottate siano realmente efficaci.
A tal fine possono essere stabiliti alcuni concetti basilari:
1. a differenza di altri fattori di rischio, nel caso dello stress lavoro-correlato il pericolo potenziale esiste sempre. anche se esistono settori e mansioni a più alto rischio, non è corretto definire aprioristicamente quali luoghi di lavoro siano a rischio in base alla tipologia produttiva, escludendone altri dal processo di valutazione. Quindi in tutte le aziende deve essere fatta la valutazione del rischio;
2. la valutazione deve basarsi su elementi oggettivi che consentano di orientarsi da subito verso le azioni preventive, ovvero di escludere con ragionevole certezza il rischio e conseguentemente la necessità di tali azioni;
3. poiché il fine della valutazione è la prevenzione, la valutazione non può limitarsi all’osservazione di indicatori oggettivi o soggettivi che dimostrino la presenza/assenza di stress lavoro-correlato, ma si deve addentrare adanalizzare proprio gli aspetti dell’organizzazione del lavoro che possono essere affrontati e migliorati con azioni correttive;
4. il processo di valutazione/gestione deve essere promosso e gestito direttamente dal datore del lavoro e dal top management, perché sia chiara la volontà dell’azienda di intervenire sull’organizzazione del lavoro. E’ opportuno che sia accompagnato da coerenti azioni di contesto (ad esempio l’adozione di codici di condotta*, di accordi di clima**);
5. gli strumenti di valutazione devono essere utilizzabili e gestibili direttamente dai soggetti aziendali (responsabile del servizio di prevenzione e protezione e medico competente) perché deve essere garantita la gestione del rischio e non una valutazione episodica. Questo può comportare la necessità di adeguare le loro competenze nel campo specifico. In ogni caso si deve garantire sempre e comunque la centralità degli attori interni della prevenzione, anche nel caso che intervengano consulenti esterni;
6. la valutazione deve imperniarsi sulla partecipazione effettiva dei lavoratori attraverso un processo di coinvolgimento dei lavoratori e/o dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza che devono essere consultati dalle fasi iniziali dell’intervento all’individuazione delle misure correttive;
* Codice di condotta: atto di carattere volontario, assunto del datore di lavoro (pubblico e privato) al fine di promuovere un clima favorevole al rispetto della dignità della persona che lavora. Il codice integra, affianca e supporta le regole contenute nei contratti collettivi e nelle leggi ed ha specifiche funzioni di prevenzione dei comportamenti vietati favorendo l'emersione delle situazioni latenti. Il codice di condotta essendo un atto di auto-normazione, viene approvato dal datore di lavoro (pubblico e privato), facendo riferimento alle diverse regole operative nei due settori.
** Accordi di clima: gli accordi di clima richiamano il tema del benessere organizzativo come la capacità dell'organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori, per tutti i livelli e i ruoli. Si tratta di codici derivanti da veri e propri accordi tra la parte datoriale e la rappresentanza dei lavoratori.
7. il processo di valutazione deve essere accompagnato da adeguate azioni informative all’interno della realtà lavorativa, volte a migliorare la consapevolezza e la comprensione dello stress da lavoro da parte dei lavoratori e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
8. deve essere prevista la formazione di tutti i soggetti coinvolti (lavoratori, dirigenti, preposti) sia perché la valutazione avvenga correttamente (in particolare la valutazione soggettiva laddove necessaria), sia ai fini dell’attuazione delle misure correttive, che in alcuni casi possono riguardare anche aspetti relazionali e comportamentali;
9. la valutazione deve essere orientata alle soluzioni, soprattutto quelle di tipo collettivo;
10. esiste sempre e comunque la necessità di procedure di “gestione dei singoli casi”, quali eventi sintomatologici;
11. deve essere prevista la verifica dei risultati ottenuti con i cambiamenti introdotti ed il monitoraggio periodico della situazione.

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